Editoriale del Prof. Ing. Mario de Miranda

Il bell’articolo che apre questo numero di Costruzioni Metalliche, e dedicato alla storia dell’elettrodotto sullo Stretto di Messina, opera interessante, importante e coraggiosa, pone alcuni spunti di riflessione e racconta una storia utile da vari punti di vista.

Storia
Innanzitutto mostra l’importanza della Storia dell’Ingegneria e del suo racconto tecnico-scientifico che, ben distaccata da possibili sentimenti di “nostalgia”, mira a conoscere i sistemi che gli Ingegneri del nostro passato hanno adottato al fine di risolvere i problemi che anche oggi affrontiamo, ma con mezzi ben meno performanti e conoscenze meno ampie. A loro merito!
Questa conoscenza ci mostra anche che tanti problemi della nostra Ingegneria sono sempre gli stessi e che le modalità di risoluzione, viceversa, sono spesso molto differenziate.
I temi della costruzione, dei rischi, del montaggio, dei costi, del vento, del sisma, della vita utile dell’opera, sono temi di allora e di oggi. Affrontati ieri, ma nel contesto del dopoguerra, all’alba del Miracolo Economico, in un clima di realismo, concorrenza ma anche di cooperazione solidale; e che affrontiamo anche oggi, con strumenti più potenti ma in un contesto di minore entusiasmo e caratterizzato dall’uso pervasivo di realtà virtuali che forse tendono ad allontanarci da quel realismo.

Confronto
Può essere quindi interessante, visto anche il momento di ritorno d’interesse per l’area, provare a fare un confronto tra quell’opera costruita nel 1955 ed il progetto attualmente ipotizzato per un ponte a luce unica, entrambi pensati per attraversare lo Stretto.
A prima vista potrebbero apparire opere di forte similitudine e analogia. Ma in realtà, a ben guardare, la similitudine si limita al collegamento aereo con appoggi a terra, ed alla sola dimensione della distanza tra i piloni: 3500 m l’elettrodotto, 3300 m il ponte.
In effetti tra le due opere sono ben differenti sia le esigenze funzionali che le varie scale dimensionali.

Funzionalità
Da una parte l’elettrodotto ha la funzione di sostenere i cavi conduttori, che possono muoversi, vibrare e oscillare senza problemi, anche con grandi spostamenti.
Dall’altra un impalcato da ponte deve avere, per ovvi motivi, deformazioni minime, oscillazioni minime, pendenze minime.
Si nota poi che la distanza di 25 m posta tra i due cavi dell’elettrodotto, dettata dall’esigenza di non collidere per effetto delle oscillazioni dovute al vento, testimonia l’effettiva entità di spostamenti e vibrazioni, decine di metri, causate dall’azione uniforme e turbolenta del vento su queste dimensioni.
Sono spostamenti e vibrazioni che in costruzione e in esercizio si manifesterebbero anche per il ponte.
E questa è viceversa una affinità, dai toni critici.

Scala
È anche molto diversa la scala dimensionale: a parte la distanza tra i piloni, tutti i rapporti di scala sono molti diversi. Ad esempio:
• L’altezza dei piloni: 220 m l’elettrodotto, circa 400 m il ponte;
• La massa di una antenna: 500 t l’elettrodotto, 72.000 t il ponte;
• La massa del deck: 100.000 t il ponte, nulla per l’elettrodotto;
• La massa dei cavi da porre in opera: 160.000 t il ponte, 1.600 t l’elettrodotto;
• I costi: circa 6 Mld di Euro il ponte, circa 60 Ml di Euro rivalutati ad oggi l’elettrodotto.
La foto aerea dell’articolo e quelle qui riportate mostrano poi le dimensioni reali della torre dell’elettrodotto, e scoprire che la sua altezza è solo la metà di quella delle ipotizzate torri sulle sponde dello Stretto non può non farci riflettere sull’oggettivo impatto visuale di tali torri e sul forte divario di scala tra esse, il costruito e l’ambiente circostante: la spiaggia, le case a dimensione famigliare, il delicato promontorio di Capo Peloro e i bei laghetti di Ganzirri e Pantano Piccolo, appaiono quasi mortificati da un’opera così vicina e di fatto invasiva e di così grande altezza rispetto alla loro estensione.

Evoluzione delle esigenze
Infine la dismissione dell’elettrodotto aereo – oggi è sottomarino – dopo solo 38 anni dalla sua costruzione, determinata dalla evoluzione dei materiali per le linee elettriche aeree, ci fa anche riflettere sulla possibile aleatorietà di stime economico-trasportistiche basate sull’oggi, quando l’evoluzione dei sistemi di trasporto e delle dinamiche di mobilità sono rapidi e forti. In questo caso è prevedibile una efficace evoluzione dei traghetti, con l’aumento delle lunghezze che migliora la portata trasportistica e la trazione elettrica che riduce le emissioni rendendo ancora più ecologico tale tipo di trasporto. Anche l’evoluzione del sistema ferroviario è prevedibilmente elevata: la calibrazione e ottimizzazione delle lunghezze dei treni sulle nuove lunghezze dei traghetti ed il loro rapido trasferimento sui traghetti stessi può consentire di evitare la attuale segmentazione e può rendere l’attraversamento molto più veloce di oggi.
Il car-sharing ed il telelavoro che riducono la mobilità privata, l’economia circolare che ridurrà le necessità ed il volume del trasporto merci, nonché la attuale tendenza – pare consolidata – alla riduzione della popolazione nelle aree interessate, sono altri elementi che hanno come conseguenze la riduzione dei flussi di traffico futuri e la ulteriore riduzione del beneficio economico prodotto dall’investimento, già oggi molto inferiore ai costi a causa degli ingenti costi di costruzione correlati alla luce unica.

Alternative
Viene in mente a questo punto che alternative a tali ingentissime spese, all’imponente impatto, ai rischi inevitabilmente legati ad una soluzione che andrebbe ben oltre la scala delle opere fin qui realizzate ci sarebbero, andando ad esempio a riscoprire la soluzione a tre luci o il tunnel sommerso.
Il ponte a tre luci, nelle sue declinazioni di ponte strallato o di struttura sospesa eventualmente integrata da stralli, è fattibile in quanto già realizzato su quelle luci e in quelle profondità, nonché risulterebbe ben più rigido e richiederebbe un costo dell’ordine della metà di quello che verrebbe imposto dalla luce unica.
Il tunnel sommerso, con minori precedenti di fattibilità rispetto al ponte a tre luci, ma analogo in quanto a precedenti esperienze alla luce unica, comporterebbe anch’esso un costo inferiore ed anche vantaggi di ordine trasportistico, collegando Messina e Villa San Giovanni direttamente e senza i 40 km di raccordi richiesti dal ponte a luce unica.
Sono temi da riprendere, a mio parere.

L’elettrodotto e aspetti strutturali interessanti
Tornando alla storia dell’elettrodotto, e tornando ai suoi stimolanti aspetti ingegneristici, è molto interessante registrare la combinazione vincente di statica grafica e prove su modello fisico in grande scala, che hanno efficacemente assistito il progetto, al posto dei modelli ad Elementi Finiti che oggi ci appaiono indispensabili per qualsiasi anche piccolo lavoro.
Interessanti anche i confronti e le analisi comparative tra diverse soluzioni tecniche in termini di forma strutturale sia in pianta che in vista, nella composizione degli elementi della struttura reticolare spaziale, in un’ottica di ottimizzazione oggi spesso poco curata.
E sempre dal punto di vista strutturale le torri dell’elettrodotto sono certamente un bellissimo esempio di macro-strutture reticolari, montate mediante mezzi d’opera semplici e leggeri, gli argani e i falconi, e sarebbe bello fossero rivalorizzate come punto d’interesse, non solo di archeologia industriale – ed in questa ottica costituirebbero uno straordinario complemento all’affascinante Museo Archeologico di Reggio Calabria – ma anche turistico e naturalistico.
In conclusione: un bel tema, una bella struttura in acciaio, una bella storia, tante riflessioni.

(Abbiamo riportato integralmente l’editoriale di Costruzioni Metalliche n. 3/2024, a cura del Prof. Ing. Mario de Miranda)

(Foto Marco Cupri)