Ing. Ph.D. Francesco Saverio Ciani, Ing. Linda Caira, Ing. Ph.D. Piergiacomo Cancelliere
La resistenza al fuoco è stata storicamente la prima branca dell’ingegneria del fuoco. Infatti, la verifica della stabilità strutturale, finalizzata alla tutela della vita degli occupanti, è da sempre una delle principali preoccupazioniall’interno delle civiltà in forte sviluppo economico. L’articolo traccia una ricostruzione delle tappe più importanti del percorso storico della resistenza al fuoco, evidenziando i fattori predisponenti delle teorie che nel corso degli anni si sono succedute. Proprio attraverso la conoscenza di questo percorso è possibile comprendere il nostro attuale modo di progettare la resistenza al fuoco. Sono stati trattati i limiti delle teorie che si sono susseguite contestualizzandole sulla base delle tecnologie disponibili, con particolare focus sulle tecniche di misura utilizzate per i test in scala reale, che hanno da sempre un rapporto biunivoco con le teorie di progettazione. Questa trattazione bibliografica include anche alcuni concetti alla base dell’approccio prestazionale eseguendo opportuni parallelismi con quello prescrittivo.
INTRODUZIONE
L’uso quotidiano nell’ambito della resistenza al fuoco di concetti come carico d’incendio e minuti di resistenza al fuoco, li ha resi fortemente legati tra loro nell’immaginario collettivo. Se però si esamina con attenzione tale legame è possibile notare che i MJ del carico d’incendio, ovvero l’energia del combustibile, e i minuti di resistenza al fuoco attesi non sono quantità facilmente correlabili.
Per comprendere come questo legame sia diventato un automatismo occorre tornare indietro di oltre cento anni. Si tratta di una storia che ci racconta l’inventiva umana e gli sforzi per comprendere un fenomeno complesso come l’incendio, ma anche come le limitazioni dei metodi di misura, nonché alcune convinzioni non corrette e senza evidenze scientifiche, si siano propagate nel tempo e non siano state mai rivisitate, nonostante gli eventi catastrofici che ne hanno portato alla luce le criticità.
Parallelamente la comunità scientifica già da decenni si è orientata su una ricerca che ha superato i concetti tipici delle procedure di progettazione di resistenza al fuoco con approccio prescrittivo (carico d’incendio e minuti di resistenza al fuoco). Si è introdotta la necessità di basare le analisi sulla curva di rilascio termico, come parametro di primaria importanza per determinare le azioni termiche. Sulle basi di tale filone di ricerca si basano le analisi prestazionali per la resistenza al fuoco ed in particolare quelle che utilizzano la termofluidodinamica numerica per determinare la stima delle azioni termiche e codici con metodologie agli elementi finiti (FEM) per valutare la stabilità delle strutture.
L’approccio prestazionale ha preso piede in tutto il mondo, e l’Italia non fa eccezione, grazie alla possibilità per il progettista di restituire una progettazione che soddisfa obiettivi di sicurezza antincendio.
Tuttavia, l’opportunità di limitare la quantità dei costosissimi test in scala reale ha portato, in alcuni casi, a una sorta di bias cognitivo: la percezione che la termofluidodinamica numerica e i test in scala reale siano alternativi e non complementari. Il test in scala reale rimane di fondamentale importanza anche per l’approccio ingegneristico, ma deve rispondere a nuove esigenze: validazione del codice numerico adottato per il caso di studio, generazione dei dati di input del codice numerico.[…]
Leggi l’articolo completo su Costruzioni Metalliche n. 4/2024