Prof. Marco Casazza, Prof. Fabrizio Barone
Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria “Scuola Medica Salernitana”, Baronissi (SA), Italia

A partire dagli anni ’60, l’attenzione pubblica verso gli impatti ambientali delle attività umane è cresciuta, portando allo studio e all’applicazione di nuovi modelli di produzione e consumo sostenibili. Considerando il ciclo di vita dell’acciaio, attraverso una revisione bibliometrica e bibliografica della letteratura scientifica, accanto a temi principali di interesse, quali la caratterizzazione delle emissioni e degli impatti, attraverso l’analisi di ciclo di vita, nonché all’introduzione e implementazione delle tecnologie digitali, utili per una gestione efficace dei flussi di risorse e, nel complesso, dei processi produttivi. Tuttavia, sono state identificate anche significative carenze nella ricerca, a partire dalla necessità di ripensare la progettazione e riprogettare le strutture e gli oggetti in acciaio, tenendo conto della circolarità nei processi di produzione e consumo. Inoltre, è stata rilevata una scarsa attenzione, negli studi, al riuso e, ancor di più, al monitoraggio ambientale, fondamentale per comprendere l’evoluzione dell’interazione tra parametri ambientali e strutture in acciaio durante il loro invecchiamento. Infine, per quanto riguarda la caratterizzazione degli impatti ambientali, si dovrebbe dare un maggior rilievo alla caratterizzazione dell’inquinamento delle acque e del suolo, nonché alla quantificazione, gestione e trattamento, in ottica sostenibile e circolare, dei rifiuti e delle acque reflue. Senza tralasciare gli altri temi di ricerca perciò, gli studi futuri dovrebbero maggiormente concentrarsi su questi temi, per contribuire meglio alla transizione verso un’economia circolare e sostenibile.

1 INTRODUZIONE
A partire dagli anni ’60, l’opinione pubblica ha assunto una consapevolezza maggiore rispetto agli impatti ambientali delle attività umane, comprendendo, in maniera graduale, come la salute umana e planetaria possano essere influenzate anche dalle attività umane. Mentre la pubblicazione di opere, come “Primavera silenziosa” [1], pubblicato nel 1962, interrogarono le persone sugli impatti, anche a lungo termine, dei loro stili di vita, gli studiosi iniziarono ad avvicinarsi ad un modo nuovo di studiare, attraverso metodi sperimentali, sviluppando anche nuovi modi di modellare i processi naturali ed antropici. Si iniziarono a quantificare e rappresentare i flussi di risorse, comprendendo che alcune di queste sono rinnovabili (in intervalli di tempo diversi) ed altre no. Si iniziarono a caratterizzare gli inquinanti, generati dalle attività industriali. Si iniziò a considerare la produzione di rifiuti e di acque reflue, nonché il loro trattamento, come un problema. Fino ad allora, infatti, il miglioramento dei processi di produzione e consumo era limitato all’incremento dell’efficienza della produzione, finalizzato alla possibilità di incrementare la produzione industriale e, quindi, in un’epoca di crescita economica, i guadagni, che, a loro volta, potevano portare anche ad un incremento di benefici, in termine di lavoro e benessere materiale di un maggior numero di persone. Invece, in quel momento, nacque la consapevolezza che si sarebbe dovuto produrre in modo radicalmente diverso. Nacque, così, l’idea delle produzioni e dei consumi più puliti (ciò che, tradotto in inglese, viene detto cleaner production and consumption). […]

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