Home Forum Discussioni Generali Webinar: “CONTROLLO E COLLAUDO DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO – TEORIA VS PRATICA” 25 ottobre 2024

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    • #21970
      Benedetto Cordova
      Amministratore del forum

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      • #22013
        Cremonini Carlo
        Partecipante

          Buongiorno, sono Gianluca Regoli (anche se l’account è a nome di un collega: non riesco a registrare un nuovo account… potete aiutarmi) e ho seguito il corso Venerdì scorso con molto interesse. Avrei 3 domande da porre:

          1) Qual è lo spessore minimo di un profilo metallico che può essere saldato ragionevolmente “a regola d’arte”? 3 mm? O anche sotto?

          2) Su elementi in acciaio autopatinabile W (“cor-ten”), bulloni o elementi in acciaio inox possono creare problemi di durabilità? O no? In casi che ho seguito personalmente, che però presentano non più di 10 anni di vita, non ho riscontrato problematiche

          3) Non di rado mi è capitato di progettare e poi veder realizzare ponti in zone costiere, spesso in prossimità di canali a breve distanza dal mare in acciaio autopatinabile W (“cor-ten”). Da quel che ho capito, un possibile limite per l’impiego in zone costiere sarebbe dato dai cloruri che impedirebbero la formazione della patina protettiva. Nei casi concreti che ho vissuto, anche su opere che hanno ormai oltre 10 anni, personalmente non ho ravvisato né sono stati segnalati problemi di sostanza. Può darmi qualche approfondimento in merito ai limiti di impiego del COR-TEN in ambito costiero/marino in maniera meno qualitativa, ma più empirica e più consapevole?

          Grazie, Gianluca Regoli
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        • #22015
          Borgogni Daniele
          Partecipante

            Buongiorno Gianluca,

            Rispondo in ordine sparso:

            3) L’acciaio patinabile riesce a esprimere al meglio le sue caratteristiche quando è soggetto a netti cicli di asciutto e bagnato che consentono la formazione di una patina omogenea ed uniforme.  Superfici protette dal sole e dalla pioggia tendono a formare uno strato meno contiguo e compatto, rispetto a quelli esposti ai cicli wet/dry, inficiando la qualità protettiva della patina (l’Omni Coliseum di Atlanta, esposto ad un clima perennemente umido, venne demolito dopo appena 25 anni perchè non smetteva di arrugginire). In presenza di umidità e aria, tutti gli acciai bassolegati tendono ad arrugginire: la velocità dipende dall’accesso di ossigeno, umidità e contaminanti atmosferici alla superficie metallica ( e l’acciaio patinabile è un acciaio bassolegato). Tuttavia è fortemente sconsigliato il suo utilizzo, ad esempio, negli ambienti esposti all’aereosol marino. Alte concentrazioni di ioni cloruro, originati da spruzzi d’acqua marina, nebbie saline o sali aerodispersi costieri, è dannosa. La natura igroscopica del sale influisce negativamente sulla patina, in quanto mantiene un ambiente costantemente umido sulla superficie metallica. In generale, è opportuno che l’acciaio patinabile non venga utilizzato per strutture entro 2 km dalle acque costiere ( è riportato su uno studio degli anni ’80 quando la British Iron & Steel Research Association condusse svariati test. Le formulazioni sono cambiate ma il problema resta).

            2) Tutte le volte che si accoppiano metalli differenti in presenza di un elettrolita (che può essere la condensa, acqua piovana o acqua marina), si forma una pila elettrochimica e quindi c’è il fenomeno della corrosione galvanica. In pratica, si crea una cella galvanica e scorre una corrente elettrica, per effetto della corrosione di uno dei due metalli. Il fenomeno può essere più o meno veloce (anche in funzione dell’elettrolita  – leggi aggressività ambientale), ma si manifesta. Addirittura si può manifestare anche tra lo stesso tipo di acciaio (che metallurgicamente non sarà mai perfettamente identico) con diversi trattamenti metallici protettivi (zincatura a caldo e zincatura elettrolitica).

            3) Teoricamente tutto può essere saldato a regola d’arte adottando il processo di saldatura idoneo (ad esempio Tig o  MAG ad arco pulsato). Ma quello indicato è uno spessore che in carpenteria può essere relegato ad elementi secondari. Detto ciò, c’è da dire che le NTC2018 al §4.2.9.1 individuano degli spessori limite: “è vietato l’uso di profilati con spessori inferiori a 4mm. Una deroga a tale norma, fino ad uno spessore di 3mm, è consentita per opere sicuramente protette contro la corrosione (omissis….). Le limitazione di cui sopra non riguardano elementi e profili sagomati a freddo”. Quindi a rigore la norma ci dice che possiamo scendere sotto a 4 mm (ma non sotto a 3) in particolari condizioni. Per inciso questo, a mio parere sembrerebbe mettere in dubbio anche l’utilizzo dell’IPE80 che ha anima da 3.8 mm (se non zincato).  Quindi il cerchio si restringerebbe ai pressopiegati (neri o zincati da nastro con processo Sedzmir). Ma spesso e volentieri questi profili rivestono un ruolo secondario e vengono installati solo a mezzo di bullonatura senza che vi venga saldato nulla. Tutto può essere saldato a regola d’arte con le giuste accortezze, di volta in volta bisogna vedere se vale la pena.

            Ho risposto “di getto” ragionando a voce alta ma spero di essere stato esaustivo.

            Un saluto

            Daniele Borgogni

          • #22033
            Cremonini Carlo
            Partecipante

              Buonasera e grazie per le risposte.

              Avrei un’altra domanda, forse non del tutto pertinente al corso seguito, ma penso possa essere interessante.

              Se devo dimensionare un’opera con struttura metallica con comportamento non dissipativo (q=1.0), in Italia, sono obbligato ad utilizzare nelle verifiche le caratteristiche elastiche della sezione anche per sezioni in classe 1 e 2? Quindi, ad esempio, utilizzando a flessione i moduli elastici e non plastici?
              Grazie, Gianluca Regoli

              • #22034
                Benedetto Cordova
                Amministratore del forum

                  Buongiorno collega,

                  provo a dire la mia, poi vediamo se ci sono altri pareri.

                  Se si lavora col q>1,5 vuol dire che nei calcoli si usa un sisma inferiore a quello massimo “vero” che può arrivare. Perciò se arrivasse il sisma “vero”, la struttura non riuscirebbe a sostenerlo in campo elastico,  formerebbe cerniere plastiche e queste ruoterebbero disperdendo così quella parte di energia sismica che non riesce a portare. Per poter ruotare dopo essersi plasticizzate completamente, queste sezioni devono però essere in classe 1 oppure 2, e vanno verificate confrontando il momento generato dai carichi (con il sisma ridotto) col momento plastico della sezione.

                  Se invece calcolo col q=1, vuol dire che uso il sisma massimo “vero” che mi danno le norme, maggiore di quello che userei col q>1,5. In questo caso non si formano le cerniere plastiche e le sezioni più sollecitate possono arrivare al massimo al momento plastico (se di classe 1 o 2) senza però ruotare plasticamente, al momento elastico (se di classe 3) e al momento ridotto che tiene conto delle plasticizzazioni locali (se in classe 4), ma, ricordiamo, il momento di progetto sarà maggiore di quello che userei col q>1,5 perché il sisma è quello “vero”, cioè non ridotto da q.

                  Quindi, in entrambi i casi (q=1 o q>1,5) si fanno le verifiche allo stesso modo, col §4.2 delle NTC2018 (oppure con l’EC3-1-1), però le azioni sono maggiori se uso q=1 e minori se uso q>1,5, e in questo secondo caso devo usare solo sezioni in classe 1 o 2.

                  Spero di essere stato chiaro e di aiuto.

                  Un cordiale saluto

                   

                  Benedetto Cordova

                   

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